di Agnese Cremaschi
Tra il 2004 e il 2022 sono stati confezionate alcune analisi scientifiche, quantificate in 68 ricerche-studio, sui rischi connessi all’uso improprio e prolungato delle piattaforme social negli adolescenti, individuando e prendendo in esame un campione di popolazione giovanile non superiore ai 18 anni. Il periodo di tempo scelto è stato quello della pandemia da Covid 19. La Società italiana di Pediatria, che ha lanciato questo progetto, ha di conseguenza fatto alcune scoperte non molto lusinghiere, compromettenti la salute mentale e il disagio psichico e fisico di questi ragazzi, nei quali, abusando dei social in modo alquanto impressionante, si sono riscontrati evidenti tracce di alienazione, che, agli occhi dei loro psico-esaminatori, da come appaiono emersi nella ricerca condotta, profilano problemi di identità e crescita nei singoli giovani individui. La cui personalità è risultata distorta, vedendosi deformate l’autostima, la capacità critica, la consapevolezza di sé e di conseguenza la natura comportamentale e le capacità relazionali.
A tal proposito si segnala lo studio in oggetto, “The use of social media in children and adolescents: scoping review on the potenzial risk”, pubblicato sulla rivista scientifica “International Journal of Environmental Research and Pubblic Health” (Int. J. Environ. Res. Public Health 2022, 19, 9960).
L’uso dei social è stato interpretato dagli studiosi in questa indagine come una risposta, a livello di dispositivo strumentale, che soddisfa il bisogno di avere contatti esterni con i coetanei e anche l’esigenza di sentirsi apprezzati dagli altri, notati, giudicati in chiave di preminenza o a parità di rapporti. Questo aspetto così eclatante di sentirsi apprezzati dagli altri a tutti i costi tramite i social ha fatto scatenare, secondo il parere dei ricercatori, il fenomeno sempre più marcato ed esteso della cosiddetta “depressione da social”.
La “depressione da social”, provocata in modo ancora più esasperato dall’isolamento costretto e dai lockdown a causa della pandemia, ha comportato negli adolescenti un approccio disorientante a smartphone e internet, dispositivi digitali e social (Instagram, Tik-Tok, You Tube), che ha disturbato in modo grave il comportamento relazionale con l’esterno.
La velocità di informazione e comunicazione, tipica dell’universo digitale e virtuale, ha intaccato le modalità di contatto esterno, non solo perché tutto avviene on line, ma anche perché si sono diversificati i modi di fare esperienza e conoscenza, di per sé non più realizzati in modo naturale sul piano umano interpersonale e diretto, in quanto interfacciato dalla strumentazione tecnologica, subentrante con il preciso scopo di sostituirsi al contatto fisico, all’interazione relazionale e interpersonale, portando a stress tali da indurre i giovani alla depressione, con conseguenze preoccupanti a livello psico-emotivo, relazionale e razionale, e psico-somatico. Di qui i fenomeni turbativi e dannosi dei disturbi alimentari (anoressia, obesità, sovrappeso, malnutrizione) e del cyber- bullismo, nonché una falsata percezione del proprio corpo e della propria individualità, oltre che il sopravenire dell’ansia e dei disturbi del sonno, insieme ad altre disfunzioni quali problemi alla vista, mal di testa, deviazioni della colonna vertebrale e scorrette posture, mancanza di movimento e di attenzione, problemi di natura sessuale, presenza di carie e altri problemi ai denti. Altro rischio molto pericoloso è l’adescamento da parte di adulti via social.
Lo studio ha dunque prospettato come fattori di prevenzione alla depressione da social il ritorno alle amicizie con i coetanei, non più predisposte o condizionate o viziate dai social e dai dispositivi digitali, e all’attività fisica, allo sport in particolare.