Da un rapporto stabile a un’avventura, dall’essere single al prendersi a cuore anche l’altrui felicità nel solco di un cammino fatto insieme
di Agnese Cremaschi
«Non sarà un’avventura. Non può essere soltanto una primavera. Questo amore non è una stella che al mattino se ne va…». Così iniziava la canzone interpretata da Lucio Battisti nel 1969, dal titolo: “Un’avventura”. Tre anni prima un testo scritto e cantato da Fabrizio De André, “Amore che viene, amore che vai”, si chiudeva con la strofa: «Io t’ho amato sempre, non t’ho amato mai. Amore che vieni, amore che vai». Si tratta di canzoni che hanno segnato un’epoca e fotografano, tuttavia, una percezione quanto mai attuale del rapporto di coppia, che avrebbe smarrito il collante della stabilità, per ridursi a configurare relazioni fragili, non impegnative, discontinue, in cui predomina una visione egoistica e superficiale dell’amore tra due persone. Che amore non è.
Prevalgono in definitiva il “prendi e lascia”, “il mordi e fuggi”, il “toccata e fuga” negli idilli tra gli innamorati, senza consentire a essi di maturare in una dimensione di coppia ben affiatata e duratura, in grado di gestire tensioni e problemi, condividendo la sfera emotiva e razionale, fisica e relazionale dello stare insieme con quegli ingredienti importanti di reciprocità, di senso di responsabilità, di attenzione verso l’altro o l’altra, di condivisione, di armonia, di rispetto, di dialogo, i quali sembrano venire meno in modo marcato nei tempi odierni. Come se l’esperienza amorosa fosse diventata un qualcosa che si vive solo per soddisfare il proprio bisogno personale di avere qualcuno o qualcuna che, alla fine, diventa un mero oggetto da possedere, e una volta aver consumato il piacere che ne deriva, coscientemente allestito per “l’usa e getta”, tutto si ridimensiona alla fugace realtà limitata e limitante di un commiato di tale tenore: «Grazie. È stato bello! Addio!».
Insomma quello che salta agli occhi è una mercificazione evidente del rapporto umano amoroso. Si vive in un contesto sociale dove il “consumismo” permea ogni fase e momento della vita. Tutto è finalizzato alla ricezione di qualcosa, che poi si può cambiare, sostituire, perché logorato dall’uso che se n’è fatto. Anche la persona diventa, dunque, una merce. Oggetto di uno scambio alla pari di un bene, sia esso un elettro-domestico o un articolo a buon mercato, se non di lusso. Ed è paradossale come la voce “bene” sia confusa con il “bene” che si vuole a una persona.
Al di là dei tragici fatti di cronaca in cui il femminicidio o la violenza fanno da inquietante leitmotiv, il rapporto di coppia, inteso come tale, risulta essersi arenato in un arido rispecchiamento della realtà materiale e sociale in cui siamo immersi, con i suoi risvolti poco rassicuranti e anche squallidi sul piano umano.
Le storie d’amore, come insegnano anche la letteratura, la poesia e le canzoni, possono finire, non sempre sono portate avanti con l’obiettivo di costruire una famiglia e di raggiungere entusiastici traguardi esistenziali in termini di solidità e positiva reattività di coppia. La complessità e il reciproco mettersi in gioco di una relazione tra due persone si sono relativizzati al “piacere” o ai “benefici” che produce lo stare insieme; inoltre, se ciò comporta, molto di più, invece, dolore e scontentezza, è opportuno e salutare, ovviamente, mettere un punto, cambiare pagina, chiudere la relazione e cercare eventualmente un altro partner. Ma facendo tesoro dell’esperienza vissuta, senza lasciarsi ingabbiare o travolgere da questi trascorsi sentimentali.
L’Amore è un’esperienza di vita che è costellata anche di passi falsi ed errori. Può significare per qualcuno o qualcuna una semplice avventura da ripetersi, e per altri o altre una ragione profonda di vita, basata sulla sicurezza e sul prendersi a cuore la felicità altrui, sul prendersi cura di una persona, rimanendo fedeli a una promessa fatta.
L’essere lasciati e il lasciarsi, a volte, può inficiare il benessere personale in modo grave e nocivo. In questo caso il rivolgersi a uno specialista è la cosa più saggia da fare per recuperare e ricostituire la propria identità di persona umana, non riuscendo a superare da soli il dolore o trauma della separazione o della fine di una relazione, compromettendo la propria salute e la serenità del relazionarsi con gli altri.
E qui sta il punto. Si è arrivati a non voler più affrontare il dolore, o meglio a non sapere più come affrontare il dolore, che deriva da una perdita, da una sconfitta. Ed ecco, dunque, anche il diffondersi del mordi e fuggi, della toccata e fuga. In quanto del rapporto di coppia, inteso nella sua interezza, si sono smarriti alcuni valori fondanti: la reciprocità, il sacrificio, il donarsi oblativo, l’impegno, la progettualità, la condivisione, il rispetto, la sessualità, vissuti in modo sano, non egotistico, ma nella dimensione di un cammino affiancato verso un’effettiva e progressiva fusione duale.
Purtroppo un altro aspetto della società contemporanea ha portato a una distorsione del discorso di coppia, visto ormai solo come un’avventura passeggera e superficiale, che evita di proposito il dolore e la fatica, e non come un percorso impegnato di vita insieme, collaudante ingredienti essenziali quali, per esempio, il rispetto, il dialogo e la condivisione: il fenomeno dei social, di internet, del mondo virtuale. In cui il “desiderio”, per essere soddisfatto, richiede un semplice click, il mettere “mi piace” “visualizzando” questo e quello. Null’altro. Quanta illusione e immaturità si registrano in questo falso e dannoso convincimento.
Stando così le cose, la coppia “scoppia”. Chiedendo venia per il facile gioco di parole. Da un altro punto di vista, che si richiama al detto popolare “meglio soli che male accompagnati”, forse si è anche preso maggiore consapevolezza dello stare bene e a proprio agio con se stessi. Una sorta di sano egoismo. In cui essere single è bello, facendo ricorso a un altro slogan. Per cui lo stare insieme a un’altra persona non è insomma più così prioritario, a meno che non si tenda, invece, a “usare” l’altra persona per soddisfare propri bisogni e desideri, che una volta appagati, strumentalizzando l’altra o l’altro, porta a inabissarsi nel circolo vizioso dell’usa e getta, che niente ha a che vedere con un sano e corretto e umano rapporto di coppia. D’altro canto, nella misura in cui si sta bene con se stessi, può essere un salto di qualità il confrontarsi e relazionarsi con altre persone, fino a scoprire che con un’altra persona in particolare si possa porre in essere e vivere, in modo autentico, un rapporto di coppia.