Studi scientifici hanno definito le differenze tra scrittura manuale e quella digitale
«La scrittura implica una serie di processi mentali che si attivano sia quando si scrive a mano che quando si digita, sia su un computer che su un cellulare. Tuttavia, quando si digita, il dispositivo tecnologico automatizza alcuni aspetti della scrittura, eliminando la necessità di mettere in atto meccanismi che sono fondamentali nella scrittura manuale». Lo ha affermato recentemente la dottoressa Adriana Zillioto, psicologa e grafologa, al momento coordinatrice di un gruppo di ricerca presso l’Ospedale clinico dell’Università di Buenos Aires, volto alla rieducazione dei malati di Parkinson o affetti da altre patologie neurologiche, tramite il ricorso alla scrittura manuale.
Ormai caduta in disuso con l’impiego di computer, piattaforme digitali, cellulari e smartphone azionati mediante la tastiera. È un dato di fatto, sotto gli occhi di tutti, che schermi e pulsanti si sono sostituiti alla carta e alla penna. Non è più una consuetudine umana usare la penna per scrivere, a meno che non si tratti di dispositivo digitale. Ovunque la presenza e l’adozione di pc e smartphone obbliga all’impiego della tastiera. Negli uffici, nelle scuole, nei negozi, in casa, nei mezzi di trasporto, per strada. Si è persino giunti all’abolizione delle ore scolastiche in cui gli allievi erano sottoposti all’istruzione e all’addestramento della grafia a mano, imparando il corsivo.

Studi scientifici, però, hanno confermato che i benefici cognitivi della scrittura manuale sono innegabili, e il loro venir meno, a causa della digitalizzazione, comporta un regresso, anche impressionante, nell’abilità cognitiva e mnemonica. Il ricorrere ormai quotidiano, frequente, e pure ossessivo, alla tastiera di un pc e di uno smartphone può favorire altre aree del cervello sul piano di una percezione cognitiva diversamente impostata, tuttavia, risultante, in base agli studi in corso, non paragonabile alle potenzialità motorie, sensoriali, emozionali e razionali che solo la scrittura manuale consente alla creatura umana.
La differenza tra scrittura digitale e quella manuale è oggetto di un’indagine scientifica portata avanti da un’equipe di ricercatori accademici sudamericani, i quali hanno scoperto che il ricorso alla matita o alla penna, ormai andato svanendo nell’abitudine quotidiana, fornisce potenzialità mentali, relative alla memoria, all’apprendimento e all’attività esecutoria, con tutte le sue complesse componenti emozionali, manuali e ragionative, che l’impiego della tastiera è ben lontano dall’offrire.

L’attività cerebrale, infatti, si è constatato, è differente raffrontando le due forme di scrittura. Il dottor Alejandro Andersson, neurologo e responsabile dell’Istituto di Neurologia nella Capitale argentina, ha dimostrato, in base a studi fatti con elettroencefalografia e risonanza funzionale, che le regioni del cervello, interessate all’impiego di una penna o matita, sono maggiormente attivate soltanto mediante l’uso manuale della scrittura, molto meno, se non annullate (quelle stesse aree cerebrali) mediante la digitalizzazione.
E questo non è un bene. In Norvegia, presso l’Università di Scienza e tecnologia, studi e ricerche hanno fatto emergere che l’uso della scrittura manuale mette in moto nel cervello, in modo dinamico, sofisticato e altamente operativo le onde alfa e theta. Come è riportato in un articolo pubblicato nel 2024 su “Frontiers in Psychology”. Implicando una funzionalità cerebrale nell’ambito della memoria e dell’apprendimento, che non si riscontra allo stesso modo nella scrittura digitale. Per la quale le potenzialità cerebrali risultano più limitate, non essendo convenientemente esercitate, perché sono attivate altre modalità cerebrali, ma forse meno rilevanti.

Ciò ha portato il governo scandinavo, e anche alcune scuole statunitensi a ripristinare nelle scuole l’uso della scrittura manuale e lezioni apposite vengono ora impartite agli allievi nelle aule. Anche in California, infatti, studi e ricerche in questo ambito della scrittura manuale e digitale sono giunti a esiti analoghi: i processi mentali attivati dall’uso del corsivo e della penna sulla superficie cartacea sono maggiormente innescati e su più piani operanti, rispetto all’automatismo del digitale.
Ecco alcune componenti cognitive e sensoriali, emotive e razionali della scrittura manuale, che il cervello può ripercorrere e intraprendere con un’abilità (venuta meno a causa della digitalizzazione) sempre più raffinata: memorizzazione motoria, orientamento spaziale, coordinazione occhio-mano, attivazione del pensiero, controllo dell’articolazione percettiva e razionale, distinzione dei dettagli grafici nella loro formulazione ed esecuzione. Tali variabili, ricorrenti nella scrittura manuale, non sono più funzionanti nella scrittura digitale.

La comprensione concettuale risulterebbe maggiormente esercitata con l’uso della penna su carta e sarebbe obiettivamente (lo comprovano esperimenti scientifici) molto limitata con l’uso della tastiera. Quest’ultima offre vantaggi innegabili sul piano della velocità e dell’efficacia, ma ciò che la “calligrafia” fornisce al cervello, in funzione delle potenzialità cognitive esercitate, difficilmente può essere recuperato tramite la digitalizzazione.
Sul piano educativo e dell’alfabetizzazione, dell’apprendimento mnemonico e cognitivo, della coordinazione pensiero-occhio-mano, la ricerca scientifica ha concluso che la scrittura a mano offrirebbe più chance nell’ambito delle capacità cognitive, rispetto alla scrittura digitale, sia pur più comoda e veloce, ma limitante per quanto concerne la stimolazione di più complesse abilità e competenze cerebrali. In definitiva, tornare all’uso della penna può contribuire a mantenere la plasticità cerebrale e a rallentare i processi di deterioramento cognitivo.
Detto ciò, anche se nel quotidiano impera il digitale, ripristinare l’abitudine di scrivere a mano, pur in tempi e modi contenuti e ristretti, sarà sempre salutare per il nostro cervello. In quanto entrano in gioco e sono maggiormente funzionanti fattori cognitivi, emozionali, recettivi, senso-cerebro-motori che la digitalizzazione avrebbe, invece, molto più ridimensionato.
