Fa discutere l’emendamento proposto dalla senatrice Biancofiore

Scudo penale medico e distinzione tra colpa lieve e colpa grave. La Legge Gelli-Bianco rivisitata secondo nuove prospettive normative

L’emendamento 69.0.25 alla Manovra finanziaria proposto dalla senatrice Biancofiore Michaela ha creato qualche perplessità all’interno della Federazione nazionale dei medici, nonché tra i sindacati dei medici. Secondo l’opinione dei medici si tratterebbe di una modifica normativa che inficia in modo drastico la Legge Gelli-Bianco, dal momento che fa ritornare la responsabilità civile degli operatori sanitari a modelli considerati obsoleti, ormai superati, ridefinendo il ruolo delle strutture sanitarie a ben poca cosa, poiché si ribadisce nuovamente la responsabilità contrattuale diretta del singolo medico. La sorte di questo emendamento pare, tuttavia, segnata: non sarà appoggiata in sede parlamentare e il ministro stesso della Salute ha esposto il proprio parere negativo.

Nel Consiglio dei Ministri del 4 settembre 2025, la responsabilità professionale sanitaria era stata nuovamente oggetto di discussione. Si era pensato, infatti, di rimodulare il disegno di legge delega in materia di professioni sanitarie, quale si colloca nella manovra di bilancio, riproponendo una sorta di “scudo penale condizionato”, al fine di ridefinire l’assetto del diritto penale sanitario con l’intento di fare chiarezza su alcuni punti rimasti imprecisi della legge Gelli-Bianco (Legge 8 marzo 2017, n. 24).

L’obiettivo cui si tende, con tale proposta di riforma, è quello di riordinare la limitazione della responsabilità penale per i professionisti sanitari, indirizzandola ai soli casi di colpa grave, a condizione che il professionista si sia attenuto a linee guida accreditate, come anche a buone pratiche clinico-assistenziali adeguate al caso concreto. È da osservare che questa riformulazione normativa era stata posta in essere in relazione all’emergenza pandemica, nei termini di una misura eccezionale con la legge n. 76/2021 (“scudo penale Covid”).

L’articolo 590-sexies del Codice penale, nella versione post Gelli-Bianco, non contemplava più la punibilità per colpa da imperizia, qualora il sanitario avesse rispettato linee guida o buone pratiche. Ma erano lasciate nell’ambiguità le ipotesi di negligenza e imprudenza, fino a toccare aspetti concreti nella valutazione del grado di colpa. Tramite la riforma proposta, il sanitario risponderebbe penalmente solo per colpa grave, purché si sia attenuto a modalità cliniche adeguate. Il nuovo articolo 590 septies impone al giudice una valutazione “contestualizzata” della condotta, considerando: la scarsità di risorse umane e materiali; le carenze organizzative non evitabili dal singolo operatore; la complessità della patologia o della prestazione sanitaria; la mancanza o contraddittorietà delle conoscenze scientifiche; le condizioni di urgenza o emergenza e la cooperazione multidisciplinare.

I ministri Schillaci e Nordio intendono tale proposta come una maniera per ridurre gli effetti “perniciosi” della cosiddetta medicina difensiva, fenomeno che comporta costi stimati in oltre 11 miliardi l’anno, oltre a determinare un allungamento delle liste d’attesa e un indebolimento dell’efficienza del Servizio sanitario nazionale. Inoltre, lo scopo di limitare la punibilità penale alle sole ipotesi di colpa grave non si identifica con il dare spazio all’impunità: il diritto dei cittadini al giusto risarcimento del danno rimane sempre valido, e non si tocca nemmeno il ricorso ai procedimenti disciplinari e amministrativi rivolti ai professionisti.

Il nuovo scudo penale, così riformulato, non inciderebbe sull’aspetto civile e deontologico della responsabilità sanitaria. Il medico sarà sì immune da sanzioni penali per colpa lieve, ma resterà obbligato a risarcire i danni causati da propri errori professionali. Restano immutate, infine, la responsabilità amministrativa (per il personale dipendente pubblico) e quella disciplinare di fronte agli Ordini professionali.

Viene fatto notare che la distinzione tra i piani di responsabilità risulta coerente con il principio di proporzionalità sancito dalla Corte costituzionale, oltre che riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, tendente a diversificare l’intervento punitivo dallo strumento riparatorio e da quello regolativo dell’etica professionale.

In materia di tutele assicurative, poi, si ribadisce la loro funzione operativa e contestuale. Il venir meno della punibilità penale per colpa lieve non esonera infatti il medico dal rischio economico connesso al risarcimento del danno civile, né dalle spese legali correlate alla difesa nei vari procedimenti. Rimangono nella loro caratura di necessità-obbligatorietà: le polizze di responsabilità professionale, obbligatorie ai sensi della legge Gelli-Bianco; le coperture per colpa grave, che tutelano il sanitario pubblico quando l’amministrazione si rivale per danni erariali; le garanzie di tutela legale, che assumono rilievo anche in sede penale e disciplinare.

A questo punto, tuttavia, le compagnie assicurative dovranno riadeguarsi e riaggiornare i modelli di rischio e le clausole contrattuali, dal momento che viene ridefinito il limite normativo della colpa medica. La distinzione tra colpa lieve e colpa grave, infatti, potrebbe ricadere sui massimali, sulle franchigie e sulla valutazione del premio, in funzione del grado di esposizione del professionista. La riforma corrisponderebbe all’opportunità di tutelare i professionisti da un eccesso di penalizzazione. Il medico, però, continuerebbe a rispondere in sede civile e disciplinare e deve mantenere un comportamento conforme alle linee guida, alla deontologia e alla diligenza richiesta dal caso concreto.

Non si tratta di esonero dalla punibilità, ma di fornire una più concreta certezza nella regolamentazione normativa, nella formazione continua e nella copertura assicurativa. Ristabilendo così un equilibrio consapevole tra tutela del paziente e protezione del professionista.

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