di Agnese Cremaschi
In relazione alla vicenda di un paziente (affetto da ipertrofia prostatica), al quale, dopo un intervento chirurgico alla prostata eseguito in ospedale, si constatò la paralisi del nervo ascellare destro e dell’emi-diaframma sinistro, come probabile conseguenza dell’anestesia effettuata durante la suddetta operazione, si era proceduto alla richiesta di risarcimento per danno dovuto a errore medico.
Richiesta inoltrata, in quanto l’anestesista, ritenuto nella fattispecie responsabile dell’errore, esercitava la propria funzione in virtù di un rapporto contrattuale stipulato con l’azienda ospedaliera. La Corte di Cassazione ha, tuttavia, posto in evidenza un aspetto peculiare della vicenda in oggetto, che farà da battistrada per i successivi eventuali casi analoghi. Si è decretato, dunque, che il paziente danneggiato deve provare l’errore medico del professionista sanitario che lo ha avuto in cura, o lo ha sottoposto a intervento, limitatamente al comportamento, ritenuto erroneo, di quest’ultimo nell’esercizio della sua funzione clinica posto in essere in quel momento.
Con l’Ordinanza n.° 5922 del 5 Marzo 2024, ecco allora che viene stabilito come l’obbligo della prova, per il paziente che ha subito un danno, si individua esclusivamente nel nesso di causalità fra i due eventi. Vale a dire che, in merito all’episodio giudicato, e ad altri affini che si verificheranno, si stabiliscono orientativamente precise linee di condotta, in base alle quali si deve ripartire l’onere della prova nei casi giudiziari in cui si presume la sussistenza di un errore medico.
La struttura sanitaria è chiamata a provare, dal canto suo, che non si siano riscontrati errori nel comportamento dello specialista accusato, ossia che quest’ultimo abbia assunto una condotta professionale corretta ed esente da errori, e se errore c’è stato, esso è da imputarsi a cause altre. Così si è espressa, dunque, la Suprema Corte: «Il ricorrente non era, però, altresì onerato di provare la sua allegazione circa la condotta negligente ed imperita dell’anestesista, spettando invece all’Azienda convenuta, previa contestazione di tale allegazione, l’opposto onere di provare che, al contrario, la prestazione sanitaria era stata eseguita con la diligenza, la prudenza e la perizia richieste nel caso concreto, oppure che l’inadempimento (ovvero l’adempimento inesatto) fosse dipeso dall’impossibilità di eseguirla esattamente per causa non imputabile».
A significare, pertanto, che il paziente non ha da attivarsi lui per dimostrare prova dell’errore medico che gli ha comportato un danno, ma tale compito spetta solo all’ente ospedaliero. All’azienda viene altresì richiesto che sia dimostrata come ineccepibile e idonea l’attività professionale dei medici a essa legati contrattualmente.