La solitudine digitale. Un fenomeno nuovo forse preoccupante

È in atto da tempo un processo di annullamento, trasformazione o sviamento delle relazioni umane più autentiche. La creatura umana del mondo contemporaneo vive consapevolmente in un suo perfetto e consolidato isolamento: tra realtà virtuali, connessioni elettroniche, dinamiche informatiche, interazioni social-network, operazioni da remoto

«Beata Solitudo, Sola Beatitudo», il noto detto latino che viene in mente quando la solitudine abita il nostro contesto esistenziale, dovuto a circostanze in cui noi stessi ci ritroviamo a vivere come monadi staccate da tutto, sembra suonare inappropriato oggi come oggi, nel nostro mondo contemporaneo, dove gli smartphone, i computer, il web, i social network, l’IA hanno preso possesso in modo pieno e assoluto delle nostre potenzialità relazionali, con riferimento almeno a quelle che convenzionalmente erano considerate tali, sul piano più autenticamente e squisitamente umano, fino a soli appena pochi decenni fa.

Anche i versi di una poesia di Salvatore Quasimodo tornano a riecheggiare nella mente, quando la solitudine fa capolino nel nostro quotidiano: «Ognuno è solo sul cuor della Terra / Trafitto da un raggio di Sole / Ed è subito sera».

Pure Thomas Mann può dare un’idea di come la solitudine, nella vita umana, quando prende il sopravvento, riduca ciò che è plausibilmente umano in qualcosa forse non solo di esteticamente gradito, ma anche di subdolamente inquietante: «La solitudine mette in mostra l’originale, il bello rischioso e sorprendente, la poesia. La solitudine mostra anche l’insensato, lo sconveniente, l’assurdo e l’illecito».

Al di là di come la letteratura o la filosofia interpretino questa condizione esistenziale, identificata nella solitudine, o nell’isolamento, quando il significato che ne corrisponde è l’azzeramento o il disfacimento o l’inabissamento delle relazioni umane, in cui il corpo, la mente, il cuore e l’anima interagiscono e dialogano, armonizzandosi o ricomponendosi tra due o più persone, che si guardano, si ascoltano e fanno qualcosa insieme, ecco che nel corso del Terzo Millennio, arrivati a metà del primo ventennio, tale nozione di assenza di dinamiche relazionali pare si sia sovrapposta in maniera insolita, o anomala, o semplicemente nuova, rispetto a come gli esseri umani tendevano a rapportarsi tra loro in termini di vicinanza fisica, prossimità e confronto diretto, dato che ormai alcuni dispositivi di natura informatica e strumenti elettronici hanno modificato in maniera piuttosto marcata le attitudini relazionali comunemente intese.

Un’indagine statunitense, capitanata dal giornalista Derek Thompson ha esaminato a fondo il comportamento degli americani che usano la tecnologia di oggi, arrivando a riconsiderare l’esistenza umana attuale, non più rapportata nell’ambito consueto di esseri umani in carne e ossa che agiscono tra loro, ma condizionata pesantemente dall’impiego sistematico di attrezzature tecnologiche avanzate quasi costantemente a portata di mano, che hanno rimodulato, sino a inficiarle, le relazioni umane.

Già dapprima apparecchi come la radio, la televisione, il cinema avevano comportato un modo nuovo di costruire o delimitare le relazioni umane. Ora, invece, con gli strumenti elettronici e informatici a disposizione, le relazioni umane sembrano essere passate in secondo piano, in quanto la realtà virtuale, e l’IA, e le applicazioni, e i social, e gli schermi dei computer, dei tablet e degli smartphone hanno forse destabilizzato la natura dei rapporti umani, nei termini di una sottrazione o declino di essi.

Siamo di fronte a una nuova realtà umana, in cui le dinamiche isolazioniste concentrano in se stesse tutto ciò che prima implicava l’interazione umana. Negli Usa, per esempio, in base a quanto ha avuto modo di constatare il podcaster Derek Thompson, si sono ridimensionati, da vent’anni a questa parte, a più del 30% le relazioni conviviali nei locali di ritrovo e consumo del cibo e delle bevande come i ristoranti, dove pranzano e cenano quasi esclusivamente persone sole, secondo quanto emerso negli ultimi due anni.

Lo stare da soli davanti al pc o con il cellulare in mano ha preso talmente piede nelle abitudini esistenziali umane, che la tendenza, quale è stata di recente registrata, è quella di fare a meno dei rapporti con gli altri, del prossimo, degli amici, dei colleghi, di persone pure estranee intorno. Anche l’andare al cinema comporta adesso un restringimento della compagnia o della prassi di socializzazione nel godimento della visione di un film. Si trascura di andare nelle sale pubbliche insieme ad altri, e si resta in casa, da soli, a fissare uno schermo mentre vi scorrono le immagini di un film.

Ecco che ciò che si configurava come intrattenimento comunitario o comitiva conviviale, oggi, si è ridotto a una dimensione rituale di reclusione domestica o di esperienza isolazionistica. Perché esistono e sono in funzione apparecchi elettronici e informatici in grado di soddisfare certi obiettivi, escludendone la componente umana, intesa nella sua diretta e corporea capacità aggregativa, cui è subentrata la tecnologia contemporanea. E gli effetti si sono rivelati ineludibilmente estranianti per ciò che riguarda le modalità di socializzazione.

Due indagini americane recenti, quella del Bureau of Labor Statistics e quella di Patrick Sharkey, sociologo presso l’Università di Princeton, documentano come in questi ultimi anni le dinamiche relazionali tra gli individui si siano accorciate in maniera assai evidente: si preferisce l’isolamento sia nel lavoro, sia nello svago: le dinamiche di gruppo hanno ceduto il posto all’attività da remoto e alla componente ludica o di relax vissuta in un ambito esclusivamente domestico.

Afferma, infatti, Thompson, che tutto ciò che implica una dimensione collettiva a livello relazionale, in America, si stia sempre più sbiadendo e venendo meno, in quanto il fenomeno dell’individualismo si è trascinato all’eccesso, e a questo risultato il contributo antisociale della tecnologia moderna, rispecchiantesi nell’uso ormai sempre più insinuante e invasivo di personal computer, tablet, smartphone e IA, ha fatto da fattore trainante e determinante.

È la solitudine, dunque, l’isolamento, a caratterizzare in definitiva l’esistenza odierna e attuale del cittadino americano. A tal punto che, come l’obesità o il consumo di tabacco, anche il fenomeno dell’assenza di socializzazione o di relazioni umane di qualità sono da considerarsi, dal punto di vista medico e sanitario, un pericolo per la salute della persona.

Non per niente già in Gran Bretagna, come pure in Giappone, si ha preso consapevolezza di questa situazione anomala, ed è sorto in questi due Paesi, rispettivamente nel 2017 e nel 2021, addirittura il ministero per la solitudine. Solitudine che si è attualizzata nel fabbricare on line tutto ciò che prima comportava legami e interazioni umane: oggi tutto è reperibile da casa, tramite dispositivi che connettono e consentono il soddisfacimento di bisogni e servizi, tramite on line, configurando nella sua interezza un’esistenza da remoto.

Non si intende demonizzare l’uso della tecnologia, ma occorre prevenire ora certe aberrazioni, implicanti l’isolamento e la solitudine come cifre esistenziali dominanti nella realtà oggettiva e quotidiana statunitense. Arriveremo, dunque, a interagire più solo con ologrammi, robot, macchine parlanti, e non più con persone umane in carne e ossa? È questo il futuro che ci aspetta? Paradossalmente, attraverso la connessione online, si sta verificando un fenomeno inverso: la disconnessione nelle relazioni umane, preferendo alla condivisione e all’interazione con la realtà esterna dal vivo e diretta, palpabile e comunitaria, un modo inusitato di concepire e realizzare solo con le macchine, piattaforme e applicazioni e via così, verosimilmente, ciò che si farebbe più autenticamente con le creature umane, con il prossimo.

di Agnese Cremaschi

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