Anziani felici. La terza età e la felicità, un binomio perfetto e sempre possibile

di Agnese Cremaschi

«Se la gioventù è il fiore più bello, la vecchiaia è il frutto più delizioso», così scriveva Sof’ja Petrovna Sojmonova Swetchine, una nobildonna russa del XIX secolo, molto attiva nel mondo letterario e artistico francese dell’epoca. Questa affermazione trova un riscontro anche in Oriente, un proverbio cinese, infatti, recita: “Una famiglia che ha presso di sé un anziano ha presso di sé il più bello degli ornamenti e il più prezioso dei tesori”, e anche un detto africano comprova tali asserzioni a favore della terza età: “Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma è l’anziano che conosce la strada”.

Ecco, dunque, come la cultura popolare e umanistica, sia in Occidente, sia in Oriente, sia nel Sud del mondo, celebrino in modo tanto lusinghiero tutti gli anziani. Per sostenere che anche nella vecchiaia si può essere felici. A tal proposito un’indagine scientifica svolta in più centri universitari, negli Usa e in Europa, ha portato a questo risultato: l’età della pensione è un’opportunità preziosa per vivere felici, se stili di vita e abitudini opportunamente seguiti, saranno il filo conduttore di quegli anni per mantenersi sereni e in salute. Il rischio di cadere in depressione, di sentirai emarginati e inutili, di incappare in patologie invalidanti sarebbe alto dopo una certa età, quando si è smesso di lavorare ed essere produttivi agli occhi della società contemporanea. Ma esiste un modo, anche secondo la scienza, grazie al quale, chi è anziano può sentirsi fiero di esserlo, e senza bisogno in maniera ridicola e imbarazzante di scimmiottare i giovani.

Basta mantenere attivo il processo cognitivo-neuronale del cervello, in modo che non si impigrisca e non smarrisca quella carica vitale, animata da fattori esistenziali importanti come, per esempio, la curiosità, il desiderio sempre entusiastico di conoscere, la capacità di ragionamento e la voglia di provare emozioni e sensazioni, sia pure a certi gradi e livelli in cui corpo e mente, entrando in gioco, assecondano l’avanzare dell’età, ma senza più farne un cruccio irreversibile, piuttosto, invece, un’opportunità esaltante di ulteriore crescita e benessere, stando a quanto ha scoperto la scienza. Raggiunta l’età della pensione, tutti finalmente gioiranno in vista di anni da passare in ozio e in un meritato riposo. Nel mondo antico il termine otium, tuttavia, non contemplava un riposo assoluto – quest’ultimo ben venga e se ne goda a lungo, perché, appunto, dopo anni di lavoro è il giusto premio cui si aspira.

Ma non esageriamo nel riposare troppo – in quanto, gli anziani greci e latini, del mondo romano e del mondo classico usavano vivere questi anni di ozio facendo di tutto, dedicandosi alle passioni e agli hobby che preferivano, relazionandosi il più possibile con i propri simili, erano un punto di riferimento culturale e sociale primario per il mondo d’allora, quindi si rendevano sempre disponibili per far sì che la loro saggezza ed esperienza alimentassero i virgulti del contesto sociale, secondo tradizioni e costumi che rispettavano gli anziani, i quali erano ben vispi e sempre attivi pur di dare ancora un senso agli ultimi anni della loro vita, trascorrendola nel modo più sereno possibile.

Anche se oggi la terza età non è più vista come in passato, perché non più produttiva, non si deve lasciare la persona anziana sola, lui o lei, ultrasessantacinquenne non si deve arrendere. Impariamo allora questa lezione dagli antichi: esser anziani è bello, la felicità è una prerogativa irrinunciabile anche nella terza età o età della pensione. Dopo i 65 anni, quando si smette di lavorare, per mantenersi in buona salute mentale e fisica, occorre che il nostro cervello non smetta, al contrario di noi che andremo in pensione, di lavorare. Le energie devono essere indirizzate verso tutte quelle cose che ci piacciono, che siano hobby o attività ludiche o impegnative, e salutari, dal giardinaggio alle passeggiate, dalle visite ai musei ai viaggi, per citare qualche occasione di svago o di sollecitazione dei neuroni che rechi piacere e benessere.

Anche fare i cruciverba può aiutare. Per dire. Perché la scienza ha dimostrato che il nostro cervello, purché sia mantenuto attivo, invecchia sì, ma in modo sereno e sorprendentemente efficiente, quando i neuroni vengano ben allenati dalla persona a fare cose che possano renderla felice. Dati statistici hanno configurato che il 96% degli anziani in Danimarca e il 95% degli anziani svedesi, grazie a un hobby, sono felici, mentre in Spagna solo il 51% vi si dedica e il grado di felicità, di conseguenza, cala.

È necessario perciò che si crei un circolo virtuoso in cui, mantenendo costantemente attive le funzioni neuronali del cervello nei modi più ingegnosi, ma anche semplici e genuini che si preferiscono per recare piacere e benessere al corpo e alla mente dell’anziano, ecco che anche la vecchiaia diventa senza alcun dubbio un periodo della vita, sia pure l’ultimo, da assaporare con gioia, in cui la dignità della persona corrisponde, equivale e coincide con la sua salute mentale e fisica e la sua serenità di spirito.