Doc: disturbo ossessivo compulsivo. Che cos’è e come si cura

di Agnese Cremaschi

Lo psicoterapeuta genovese Mauro Scardovelli in un suo saggio ha riportato che «il termine nevrosi richiama la sofferenza, l’essere preda di emozioni e pensieri che non si vorrebbe avere, l’essere in balia di forze che non si controllano. Nevrosi è sinonimo di scissione, separazione, conflitto. Con chi? Con il proprio inconscio». In questa definizione, sia pur genericamente intesa, rientrerebbe quella patologia della nevrosi, chiamata anche ossessivo compulsiva. Questo disturbo nervoso implica la reiteratività di gesti incontrollata posta in essere, quasi in una chiave di lettura scaramantica, ma con precisi riflessi di alienazione e disagio psicologici, al fine di attenuare uno stato di ansia o momenti di tensione.

L’acronimo Doc (disturbo ossessivo compulsivo) è utilizzato spesso nella diagnosi medica, quando lo specialista individua nel paziente un disagio psichico, implicante la ripetizione inconsulta di atti o comportamenti aventi la caratteristica di risultare dunque ciclici e ossessivi. Ne soffre, in base alle statistiche più recenti degli organismi sanitari ufficiali, il 3% della popolazione mondiale. Si tratta di un malessere psicologico che infesta la quotidianità e la cui manifestazione si rispecchia nella ripetizione o ritorno continuo di ritualità gestuali o presenti mentalmente, il cui scopo funge strumentalmente, anche se in una forma patologica, da contenimento di un processo emotivo ansiogeno o sottoposto a forte stress emotivo.

A tutti capita di avere il sospetto, per esempio, di non avere chiuso il rubinetto del gas, o la porta di casa, ma quando questo dubbio normalissimo, s’insinua nella mente in maniera ossessiva, e il pensiero relativo a questa preoccupazione diventa angoscioso e ricorrente, sopraggiunge uno stato patologico, definito appunto con l’acronimo Doc. Verso cui è necessario intervenire attraverso una visita specialistica. Di fronte a fissazioni incontrollate, che contemplano anomale componenti pervasive nei contesti quotidiani e la reiterazione di comportamenti rituali ossessivi, riscontranti un impatto negativo nel proprio mondo psichico, lo specialista subito identifica il malessere come un disagio compulsivo, che riflette nel suo porsi in essere somatizzazioni e pensieri ossessivi, determinati da ansie e paure riproducenti fattori psichici altamente compromessi, per i quali il soggetto malato è portato a ripetere continuamente gesti e ad avere pensieri frequentemente incombenti, che avrebbero la (dis)funzione di impedire o scongiurare il timore che si verifichino accadimenti negativi o non voluti, mentre la preoccupazione, anche a suo modo superstiziosa, che si possano verificare, imprigiona il paziente dentro una gabbia mentale, in cui tutto il fenomeno patologico si estrinseca mediante un comportamento ossessivo e compulsivo, fatto e scandito con gesti rituali ripetuti numerose volte.

La ricerca scientifica in materia ha distinto questa patologia in determinate categorie in cui l’esplicarsi del fenomeno ossessivo dipende o da tensioni e paure spinte all’estremo, o da manie di perfezione esageratamente portate all’eccesso. Gli ultimi studi hanno descritto tale malessere psichico in questi termini: taluni neurotrasmettitori del cervello risultano sbilanciati, compromettendo così i neuroni utilizzati per comunicare. Vale a dire che comportamenti reiterati anomali sono conseguenti a un dissesto temporaneo della circolazione dei neuroni, e perciò tale scompiglio neurologico provoca corto-circuiti emotivi e comportamentali. Le cure mediche adottate dagli specialisti si attengono all’impiego di farmaci idonei (antidepressivi specifici e molto efficaci) e anche a sedute psicoterapeutiche cognitivo-comportamentali.

La gravità del Doc può comportare terapie a breve termine o di durata più prolungata, in genere l’impiego delle medicine a base di antidepressivi appositi agisce contro la malattia due settimane dopo il loro ricorso. Il fenomeno patologico, in base al successo importante dei risultati medici ottenuti, può dirsi guarito o estinto completamente o quasi nella maggior parte dei casi, purché tutto avvenga in fase di cura – è bene sottolinearlo – sempre sotto controllo specialistico.