Cavalcare fa bene alla salute

Quando l’ippoterapia è utile per il proprio benessere

di Agnese Cremaschi

«Datti all’ippica!» si soleva o si suole ancora dire, in modo spregiativo o per porre in ridicolo, quando s’intendeva o si vuole sminuire le capacità di qualcuno, ritenuto inetto o inadeguato in qualcosa. Un motto sorto nel XVII secolo, si pensa, in virtù di un’espressione sprezzante, uscita di bocca a Gian Battista Marino, poeta napoletano, che criticava così i poeti scadenti, e in quel tempo lavorare negli ambienti equestri era considerato una cosa umiliante.

Secondo un’altra versione, l’origine etimologica di tale motteggio risalirebbe, invece, alla reazione di un politico italiano fascista, Achille Storace, nel 1931, perché giunse in ritardo a un convegno di medicina al quale era stato invitato, adducendo che per lui andare a cavallo, come faceva ogni giorno, era una passione sportiva irrinunciabile, e di fronte ai medici piuttosto seccati replicò infatti: «Fate ginnastica, non medicina. Abbandonate i libri e datevi all’ippica!», in tal modo esternò la sua opinione, secondo cui una vita sportiva e all’aria aperta era preferibile a una vita passata a studiare e sui libri.

Al di là della battuta infelice che fu coniata, e facendo tanto di cappello al cavallo, in quanto, come lo celebrava Omero, è un «nobile animale», l’arte o la tecnica del cavalcare, l’equitazione, è uno sport di tutto rispetto e assai apprezzabile. Inoltre, è ormai ricorrente e suggerita con frequenza anche in ambito medico l’ippoterapia, per i benefici fisici e psichici che comporta in pazienti con disturbi neurologici, disabilità motorie, o affetti da altre patologie, curabili con la cavalcatura. Uno sport, dunque, che non solo beneficia dell’esercizio fisico, in quanto si potenziano la forza muscolare, i riflessi, la resistenza, l’equilibrio e la flessibilità, ma sono coinvolti anche la mente, l’umore e le capacità relazionali e di concentrazione.

Non soltanto, poi, si sviluppa una certa empatia con il quadrupede, una sorta di comunicazione non verbale tra cavallo e cavaliere, ma ci si esercita e abitua a gestire le proprie emozioni, le proprie energie, imparando a migliorare il carattere della persona, ad assumersi delle responsabilità, a ripristinare e consolidare la fiducia in se stessi, ad armarsi di pazienza e self-control. Di qui ecco che equitazione e ippoterapia procurano vantaggi immensi al benessere psico-fisico, favorendo capacità reattive notevoli sul piano emotivo e abbattendo lo stress. Tradizione, passione, impegno contraddistinguono questa disciplina sportiva, che ha le sue origini in tempi molto remoti, anche se una sua più strutturata regolamentazione in Occidente risalirebbe già al XVI secolo e le prime gare sportive si svolsero nel secolo successivo, ma come non ricordare, per esempio, le corse delle bighe ai tempi degli antichi romani, o i tornei dei cavalieri durante il medioevo?

Certamente fu nel corso del XIX e XX secolo che l’equitazione ebbe un più rapido e organico sviluppo, entrando pure a far parte dei giochi olimpici. Innegabile che l’andare a cavallo era poi appannaggio dei nobili e dei ceti più ricchi. Tanto da diventare un raffinatissimo simbolo e segno distintivo aristocratico. Senza andare nel dettaglio delle varie correnti caratterizzanti l’equitazione agonistica, ricreativa o di allevamento, e senza fare cenno ai cowboy, come ai mandriani toscani, praticare l’arte del cavalcare è diventata in ambito medico una terapia di estrema utilità clinica per favorire guarigioni altrimenti impensabili o tardive. Le disabilità motorie, l’autismo, gli handicap di varia natura, la depressione stessa vengono curate facendo andare a cavallo i pazienti, piccoli o adulti. I muscoli del dorso e del torace, le braccia e le gambe, la postura, una posizione più corretta della colonna vertebrale, la tonicità, e anche il cuore traggono vantaggi terapeutici ottimali.

Andare al trotto o al galoppo impegnano l’organismo umano in modo totale e ne rinvigoriscono ed elasticizzano sia la muscolatura, sia il sistema cardiovascolare, sia le capacità reattive neuronali ed emozionali. Andare a cavallo può, inoltre, aiutare a mantenere omogeneo il peso del corpo, facendo bruciare grassi e calorie e agevolando il lavoro metabolico dell’organismo. Per non parlare anche del beneficio a livello mentale che deriva dall’interazione con l’animale e con l’ambiente esterno, quando corredato di prati e campi all’aperto. Non bisogna, però, dimenticare la componente della costanza e del tempo da dedicarvi: occorre cioè praticare la disciplina con regolarità, oltre che con impegno.

Un aspetto meno lieto, relativo all’equitazione, purtroppo, si richiama a quello economico. Si tratta di un’attività che richiede l’investimento di molto denaro: il cavallo e l’attrezzatura, i costi della manutenzione e del veterinario, lo spazio adibito per l’allevamento e l’esercitazione (manieri, stalle, ecc.) comportano un risvolto economico non indifferente, che non tutti possono permettersi. Infine, ecco alcune considerazioni da tenere presente con molta attenzione e cautela: l’andare a cavallo può comportare cadute, calci, incidenti, e quindi problemi fisici anche gravi, fratture e lesioni di una certa entità.

Anche lo stesso animale, del resto, può incorrere in rischi di danni fisici importanti. Pertanto, ci sono individui per cui “darsi all’ippica” sarebbe controproducente sul piano fisico, in quanto certi problemi della colonna vertebrale preesistenti o agli arti inferiori, come alle articolazioni, possono far sconsigliare, perché evidentemente ostacolante e dannosa, l’equitazione. Occorre pure constatare anzitempo che la persona umana sappia interagire con l’animale, se manca questo imprescindibile requisito, l’equitazione è un’opzione terapeutica assolutamente da scartare.

Dal punto di vista dell’animale, poi, occorre badare al fatto, non secondario, che certe attrezzature come le briglie, le selle e le altre cose (sbarre, recinti, fossati, il modo di trattarlo e rapportarsi con il cavallo stesso, ecc.), non devono ledere il benessere stesso del quadrupede. In definitiva, la pratica sportiva del cavalcare richiede un senso di responsabilità elevato, una certa consapevolezza anche dei rischi che comporta. Chi può andare a cavallo, comunque, non può trarne che benefici sul piano fisico e mentale. Rispettando una certa etica e prevedendo con accortezza i costi elevati a carico di questa disciplina.