Cosmesi e Psicologia. Un abbinamento felice nella Medicina Estetica

di Agnese Cremaschi

«La cosmesi è probabilmente antica quanto l’umanità». Partendo da quest’affermazione del sociologo tedesco Rene König (1906-1992), si può ben comprendere come l’arte del trucco nelle donne, o make up, rappresenti anche sul piano storico un fattore determinante nella ricerca della bellezza esteriore, nell’estetica intesa oggi come studio del bello sul piano dei lineamenti fisici.

Oltre che nell’immaginario collettivo, nella tradizione o consuetudine dell’uso dei prodotti cosmetici, quale ingrediente indispensabile per l’arte della seduzione femminile, o per il benessere psico-fisico (come si vorrebbe far intendere oggi), tuttavia, l’abitudine a truccarsi (come e in che misura) rientrerebbe, senza alcun dubbio, nella sfera della psicologia.

Perché sin dai tempi più antichi, come si usava fra gli egizi, per esempio, l’abbellimento del volto o di parti di esso (gli occhi, le sopracciglia, le labbra, ecc.), come anche l’acconciatura dei capelli o la cura estetica delle mani e dei piedi, comportavano significati non solo puramente estetici, ma anche di carattere sociale (espressione allegorica di dominio e potere, riconoscimento simbolico di determinate identità elitarie attraverso la marcata sottolineatura estetica di segni distintivi del viso o del corpo, con anche evidenti interpretazioni politeiste o spirituali), come anche di particolarità del carattere di una persona (di sesso femminile, o no) e della personalità (aggressività, dolcezza, ecc.).

Ecco allora che entra in gioco, parrebbe ovvio, la psicologia. Nella medicina estetica è assodato che tra psiche e trucco sussiste una correlazione ineludibile. E questa impostazione di abbinamento viene analizzata a fondo. Accentuando più o meno in modo marcato o leggermente i tratti del viso, compresi i colori adoperati per truccarsi, la donna intende comunicare qualcosa all’esterno. Sentimenti, sensazioni, emozioni, ecc. Qualcosa che viene evidenziato e conclamato dal trucco.

Attraverso cui si riducono, o caricano, o sottolineano aspetti, dettagli, sfumature, gradazioni esteriori del viso, per esempio, al fine di definire di esso canoni di bellezza apertamente accettati e condivisi, oppure, al contrario, non accolti od oggetto di pregiudizi, di interpretazioni errate di valori estetici. Sin dai tempi antichi, la cosmesi aveva quasi la funzione che ha la maschera nel recare un’impronta caratteriale specifica al volto di chi la indossa. Tristezza, gioia, rabbia, dolcezza, aridità, insieme alla bellezza, quindi anche deformità e bruttezza, si manifestavano mediante il trucco approntato sul volto.

Ciò avveniva nelle rappresentazioni teatrali e nelle cerimonie pubbliche religiose, o socialmente rilevanti. Oggi, nel Terzo Millennio, la cosmesi ha raggiunto livelli di ottimizzazione dell’estetica del viso, cui le donne non rinunciano. Per apparire belle, seducenti, sexy, piacevoli, desiderabili, eleganti, affascinanti, e così via. E la Medicina Estetica di adesso non si limita più all’obiettivo meramente materiale e fisico del perfezionamento estetico, ma ricerca in modo più adeguato anche un’estetica che va più in profondità, toccando la dimensione più intima del benessere personale e interiore (la psiche).

La tecnica cosmetica, dunque, oltre che avvalersi di creatività nell’arte della ricerca della bellezza, intesa come immagine di sé agli occhi degli altri, si avvarrebbe anche del contributo della psicologia. In quanto l’immagine di sé deve rispecchiare anche uno stato di benessere psico-fisico, interiore, non solo ridotto all’aspetto fisico, ma coesistente con esso stesso, facendolo risaltare. Il sentirsi bene o lo stare bene con se stessi, nella cosmesi, nella psicologia, nella medicina estetica perseguirebbero il medesimo riscontro.

L’attrattiva o l’immagine femminile di sé, che una donna vuole significare attraverso un certo tipo di trucco, dipende, pertanto, dalla sua dimensione personale caratteriale e interiore, non solo da una banale e semplificata ridefinizione del bello mediante ingredienti cosmetici volti a esaltare esclusivamente tratti dell’epidermide. La psicologia, la medicina estetica e la cosmesi contemplano, inoltre, una precisa funzione di correzione estetica nella donna, quando essa è spinta a truccarsi per ragioni che toccano un malessere dettato, per esempio, dall’insicurezza, dall’ansia, da un’anomala o parziale nozione che si avrebbe della bellezza. Insomma, rossetto, mascara, ombretto, smalto e altre componenti, oltre ad avere un significato estetico, nell’usarli e nel come farne uso, rappresentano anche un aspetto che riguarda la psiche, il mondo interiore della donna.

Senza entrare nei particolari, l’accentuare in modo più marcato mediante il trucco gli occhi, o le labbra, o le guance o le ciglia, o le unghie, per esempio, concernono situazioni psicologiche di vario tipo, che sono immediatamente ravvisabili sia dallo specialista di medicina estetica, sia dall’analista. Questa sinergia tra cosmesi, psicologia e medicina estetica non è affatto cosa da trascurare od omettere, quando l’obiettivo è il benessere psico-fisico della donna, che vuole sentirsi o essere bella. Si evita in tal modo che accada l’effetto indesiderato di una distorsione o errata ricerca dell’estetica, qualora trucco e immagine di sé non corrispondano armonicamente, non siano in sintonia.

Con il rischio che il trucco possa danneggiare l’estetica invece che valorizzarla. Perciò, la medicina estetica, per consentire un raggiungimento ottimizzato del benessere psico-fisico della donna, si avvale anche del contributo della psicologia, atta a valorizzare al meglio l’uso dei cosmetici. L’intervento dello specialista non potrà che giovare, infine, risultando necessario e indispensabile in taluni casi, affinché il desiderio di bellezza nella donna (che altro non è – è opportuno sottolinearlo e ribadirlo – che il sentirsi bene con se stessa) venga pienamente e consapevolmente raggiunto, armonizzando soma e psiche, corpo e mente.